giovedì 29 dicembre 2011

L'uomo delle bombole e la vera arte

La pausa natalizia stroncherebbe le velleità artistiche di chiunque (chissà che cosa ne avrebbe detto Picasso: lo cito non a caso, in onore della conversazione cui ho preso parte ieri, con modeste considerazioni e molto desiderio di imparare), ma per fortuna c'è chi è capace di riportarci sulla "diritta via" della creatività.
Sto parlando dell'uomo delle bombole, mani grosse da lavoratore e cervello più che fino. Nelle due volte che l'ho incontrato all'ex mercato coperto, alle prese con l'improbo compito di fornirci un po' di riscaldamento, ci ha incantati tutti con le sue frasi dense, perfette per la sceneggiatura di un film di Aki Kaurismaki.
"Vincè ha avuto a che fare con le valigie tutta la vita, eppure non ha mai fatto un viaggio, ci pensate?".
Noi zitti per lo stupore.
E poi ieri, parlando dello spazio che ospita la collettiva "INTANTO", ha chiosato: "Da dove una volta uscivano pezzi di carne, adesso escono frammenti d'arte". Tu lo dici, uomo delle bombole, con il tono giusto e le giuste pause. Accidenti che tipo che sei.
Torna a trovarci (anche perché, se non ci aiuti con quei malandati funghi, potresti ritrovarci stecchiti, prima o poi).
Grazie per il prezioso supporto: l'arte ha bisogno di calore, reale e metaforico.
Purtroppo, non ho una foto dell'uomo delle bombole. Compenso con il cartello affisso alla fermata della corriera per Roma, dedicato al grande Vincè de li pacchi, l'uomo delle valigie che non ha mai viaggiato:

La foto è parecchio sgranata, per la scarsa presenza di luce e per il fatto che l'ho scattata dalla corriera, qualche minuto prima di partire per la capitale. 
Aspettavo però il momento giusto per usarla. Eccolo qui: grazie, uomo delle bombole. Grazie (ancora una volta), Vincè.

giovedì 22 dicembre 2011

Giuseppe Pende e i suoi ottanta gatti

Passo da via Perpenti piuttosto spesso. La percorro in prevalenza a piedi per andare dalla mia parrucchiera o per raggiungere la mia banca più velocemente. Ho sempre saputo che è una delle più antiche di Fermo (non a caso, da lì passa anche la sfilata in costume di Ferragosto, nel giorno della Cavalcata dell'Assunta, una tradizione antica - dicono qui - più del Palio di Siena, rinverdita solo negli anni Ottanta).
Eppure, non la conosco. Non so nulla (o quasi) dei palazzi storici che la percorrono a destra e a sinistra e dei sassi sul selciato, ben più di semplici sampietrini.
Oggi, però, ho fatto una scoperta meravigliosa.
In uno di quei palazzi è ospitato il museo permanente dedicato a Giuseppe Pende, pittore e molto di più scomparso nel 2001. L'anno è assai significativo per la sottoscritta per molte ragioni: la più importante? Ho conosciuto proprio allora il mio compagno di vita, il bipede Paolo di cui parlo nel mio profilo.
Ai tempi, però, non avrei mai immaginato di trasferirmi da queste parti. Ero proiettata verso la grande città, come molti con storie personali e professionali simili alla mia.
Giuseppe Pende era di origine pugliese: anche lui è dunque uno dei tanti transfughi capitati quasi per sbaglio in questo posto.
Per lui, Fermo era un paradiso, forse perché gli permetteva più che da altre parti di stare a stretto (strettissimo!) contatto con i suoi ottanta gatti.
Era anche uno sportivo e un grande amatore (ha avuto otto figli dalla sua ex modella e moglie Ida, colei che, credo, ha permesso la nascita dello spazio espositivo).
"Intanto" che continuo a lavorare all'ex mercato coperto, raccolgo perciò più informazioni possibili per i miei futuri scatti e per le mie future storie, a questo punto non so più se solo "minime".
Con il passare dei giorni, infatti, mi rendo sempre più conto che il mio progetto originario - nato con lo scopo di documentare la vita sull'angolo del centro storico che mi è più noto, ossia via Mazzini, piazza del Popolo e il Girfalco) - potrebbe allargarsi a dismisura proprio grazie alle notizie che vado via via raccogliendo dalle persone che sto conoscendo alla Collettiva natalizia di artisti.
So tuttavia che mi è stato dato un limite massimo per consegnare il lavoro, ma secondo alcuni sarebbe trattabile, perciò vediamo...
In ogni caso, niente m'impedisce di usare quel che non finirà nel progetto per Itaca altrove.
Di Giuseppe Pende, infine, preferisco non dire altro finché non sarò andata a visitare lo spazio che gli hanno dedicato.
Vi lascio con tre scatti fatti all'angolo tra via Recanati e via, giusto nel giorno della sfilata medievale:



Nell'ultima si vede il fotografo Fabrizio Zeppilli, che ormai incontro spessissimo nelle mie esplorazioni fotografiche... Neanche a farlo apposta, tra gli scatti che espone a "Intanto", ce ne sono un paio molto simili (come soggetti, non come resa tecnica!!!) alle mie... Mi sa che finirà per odiarmi! Lo dico simpaticamente, ovvio...
Insomma, proseguo. E aspetto con grande curiosità quel che scoprirò già domani nel gelido ex mercato coperto.

domenica 18 dicembre 2011

La famiglia Rispi

Su corso Cefalonia, fino agli anni Sessanta, c'era una cioccolateria Venchi molto prelibata.
La si riconosce ancora dalle api scolpite sulle colonne ai lati della porta e dal pannello rettangolare sopra lo stipite.
Adesso è una bottega vuota, l'ennesima del centro storico.
Subito dopo, segue il portone dell'abitazione della famiglia Rispi, secondo i pettegolezzi locali abile nell'arte dello strozzinaggio. Qualcuno li aveva ribattezzati i Rospi, anche per la malsana abitudine di girare come straccivendoli,  pur essendo miliardari.
Addirittura, una commerciante del mercato della piazza sottostante, tuttora adibita a questo scopo, era solita dare qualche spicciolo alla padrona dell'antico palazzo che ospitava anche la bottega del cioccolato, impietosita dall'aspetto miserevole.
Finché un giorno, un grillo parlante le disse come stavano le cose.
Almeno, questo è quel che hanno raccontato a Renè, l'autore delle famose foto a "Vincè de li pacchi", colui (in ultima istanza) che ha permesso il mio ingresso in qualità di fotografa ufficiale del backstage alla collettiva di artisti in corso di svolgimento all'ex mercato coperto, che si trova giusto affianco alla piazza in cui i Rispi avrebbero giocato a fare i poveri.
Ed eccovi Renè, molto probabilmente destinato anch'egli a far parte delle mie "Minime storie" (anche se lui ancora non lo sa):

Sullo sfondo, nella cornice, Vincenzo Rossetti, in uno degli intensi scatti del più noto battutista di Fermo.
Approfitto dell'occasione per ringraziare il primo, per l'assistenza morale che mi sta facendo dal posto in cui si trova adesso, qualunque esso sia, e il secondo, per la simpatia, la disponibilità e... l'assistenza tecnico-psicologica di questi giorni!

giovedì 15 dicembre 2011

"INTANTO" che aspetto di proseguire con le mie Minime storie...

... Faccio la fotografa al mercato coperto di Fermo, un luogo in cui sono entrata la prima volta, in analoga occasione, lo scorso anno. Soltanto che, l'anno scorso, non conoscevo l'anima di questa manifestazione chiamata "Intanto" non a caso. La struttura un tempo deputata al commercio al minuto di frutta, verdura, carne (di quest'ultima c'è traccia nella stanza-frigorifero ancora visibile e in un calendario dedicato al "Pollo Piceno" del 2006) oggi è vuota e in via di trasformazione. 
Da quel che ho capito, avrebbero dovuto abbatterla per farci dei parcheggi in più; invece qualcuno si è opposto e a tutt'oggi l'enorme stanzone è rimasto vuoto. Fino all'anno scorso, quando "il sindaco di piazza" e altre poche forze (leggi: la fondamentale signora in rosso Patrizia Di Ruscio) ha avuto un'idea: "intanto" che l'amministrazione comunale o chi per essa non avesse preso una decisione sul destino dello spazio, perché non organizzarvi dentro la prima collettiva di artisti & affini fermani giusto nel periodo natalizio? Detto fatto (E come no: ora che ci sono dentro, capisco che massacro dev'essere stato allestire tutto per tempo...). 
Ricordo il gelo che ho provato nella mezz'oretta in cui me ne sono rimasta impalata a guardare la performance di un'attrice il giorno dell'inaugurazione. Quest'anno, per ora, è ancora caldo, ma pare che giusto sabato, ossia all'apertura ufficiale, arriverà una bella perturbazione pre-vigilia.
Per farla breve, da oggi a sabato sarò impegnatissima a documentare il più possibile l'avvento della seconda edizione di "Intanto"... intanto, anch'io dovrò scegliere quali foto stampare e appendere nel pannello che mi è stato riservato... e che, temo, resterà vuoto fino all'ultimo minuto utile!
Del resto, volevo far parte delle mie "minime storie" da Fermo? 
Non credo che avrei potuto avere migliore occasione.
Eccovi il mercato coperto, vuoto come il mio pannello:

 E con le tracce della prima edizione della collettiva:
Bibi (il sindaco di piazza, per gli amici, s'intende) vorrebbe che questa fosse l'ultima edizione. L'ha dichiarato stamattina in conferenza stampa. L'intento, naturalmente provocatorio, era di spingere il Comune a dotare la città capoluogo di provincia (eh già: Fermo è provincia. Lo dico per i lettori non marchigiani) di uno spazio adeguato per mostre, collettive e personali. Di più: di un posto deputato all'arte, qualunque essa sia.
Un sogno troppo grande? Può essere. Sarà per questo motivo che mi piace un sacco.
... Corro a fotografare!

martedì 6 dicembre 2011

Il tipo che cammina... finge di fumare uno scontrino!

Stamattina niente foto a Diana, che è dovuta correre "dietro a un mortale" (traduco per i non giornalisti: "incidente mortale"), perciò, tristemente me ne sono andata in posta a pagare le bollette.
Quando si dice il caso.
Tra un mare di vecchietti chi t'incontro? Il tipo che cammina tutte le sere, tra le cinque e le sette, che originariamente saliva su via Mazzini da solo. Più di una volta l'ho avvistato dalle finestre di casa mia con il suo kway e l'ombrello, utilizzato, all'occorrenza, anche per fare un po' di braccia.
Da un po' di tempo a questa parte, invece, lo vedo in compagnia di una donna, presumo la moglie o la fidanzata. Insieme, sono proprio carini e fotogenici. Peccato però che sia buio pesto, il che, in effetti, rende assai difficoltosa la realizzabilità di uno dei miei (spero) prossimi scatti.
Insomma, di giorno e costretta a una lunga attesa, ho potuto osservarlo con calma.
Era seduto affianco a due vecchietti, uno dei due novantenario. Si parlava di campagna e di odori. Una volta, ribadiva il camminatore con occhialini intellettuali e tuta d'ordinanza, era diverso: la campagna profumava, adesso (anzi: "addè", trascrizione fonetica della parola in vernacolo locale) puzza.
E fin qui, in fondo, niente di strano: è logico intrattenersi in discorsi da fila postale, dovendo aspettare così tanto tempo (personalmente, ci sono rimasta più di un'ora. Alla fine ero in trance).
Il problema, se può dirsi tale, è che il tipo stringeva tra le dita il tagliando segna-coda arrotolato a mo' di sigaretta e... ha fatto finta di fumarlo! Cioè: ha proprio mimato l'atto di portarselo alle labbra e di respirarlo, con tanto di fuoriuscita finale della nicotina dalla bocca. Ero ancora parecchio stupita dal gesto, quand'ecco che gliel'ho visto ripetere una seconda volta.
Perché mai l'avrà fatto?
La risposta più semplice non la scrivo.
Diamo quella più razionale: magari è un fumatore (benché camminatore accanito, ma l'una cosa non esclude l'altra: conosco fumatori che fanno le maratone) ed era, in quel momento, in preda a una crisi d'astinenza troppo forte.
Del resto, visto quanto ho dovuto attendere io, è facile che sia successo lo stesso a lui e per un tabagista dev'essere una vera tortura sentirsi imprigionati in un luogo smoke-free.
Tuttavia, non riesco ad accontentarmi di questa spiegazione.
Se mai avrò il coraggio (e non è un problema di timidezza) di fermarlo, gli chiederò se fuma.
Oppure, magari, ha smesso e cerca di non riprendere il vizio percorrendo in lungo e in largo il centro storico, kantianamente sempre agli stessi orari.
Insomma, il mistero è fitto.
Se lo risolverò, ripasserò di qua a renderne conto.
Dimenticavo un dettaglio.
Per scherzare, ed esclusivamente in privato (da questo momento non più...), anch'io faccio spesso finta di fumare: stecche del gelato, matite, una volta pure un pezzetto di pane... però non fumo, è solo un gioco un po' bizzarro e per niente ambiguo. E' idiozia allo stato puro, insomma.
Che non faccia anche lui come me?
Sì, bisogna che lo fermi e ci faccia almeno due chiacchiere.
Nel frattempo, eccovi un'immagine della meta del percorso del tipo camminante (e signora):


Adesso (addè) le foglie gialle non ci sono più e comunque non credo di riuscire a scattare in notturna. Mai dire mai, comunque. La mia è solo scaramanzia.
Per calmare i nervi, comunque, posso sempre fumarmi un post-it...

lunedì 5 dicembre 2011

Rosalba e Tom

Non deve essere ricca, ma una casa ce l'ha. Da quel che ho capito, ci vive con il cane Tom e il fratello Cesare. Quest'ultimo, originariamente, era nell'ideale elenco dei fotografabili, ma poi, come succede di frequente nei progetti elaborati a tavolino, ho capito che non era adatto. Per l'impostazione che ho dato, anzi, che sta materializzandosi scatto dopo scatto, incontro dopo incontro, era molto più adatta Rosalba, con il suo fazzoletto in testa legato sotto al mento, il bastone e il suo cane scuro e magro. 
Ho visto che Maria le ha regalato due euro dopo aver vinto al lotto, dal che ne ho dedotto la differenza di status sociale tra le due. Con Rosalba, però, ho parlato troppo poco, mentre ho familiarizzato assai di più con Tom. Già da diverse settimane avevo pronta una foto che li ritraeva insieme, ma l'espressione nel volto di lei non mi convinceva. Soltanto qualche giorno fa ne ho capito la ragione. Quando parla di Tom e quando si rivolge a lui, Rosalba mette su un sorriso tenero, colmo di amore, ricambiato dagli occhi compassionevoli del suo quattrozampe. Sono convinta che l'una senza l'altro non possano proprio stare.
Perciò ho scelto una terza foto per la mia undicesima "minima storia". L'ho mandata nel primo pomeriggio al mio tutor. Sono in attesa di sapere se posso caricarla sul sito del Fotoclub.
Questa esperienza m'insegna, ancora una volta, che non devo avere fretta: se mi lascio qualche istante in più (magari anche un mese, com'è capitato in questo caso... finché avanzerà del tempo per concludere in tempo utile il progetto, naturalmente), poi la storia arriva. 
Pubblico di seguito le foto "scartate":


Nella seconda Rosalba sorride e Tom sembra ascoltarla attentamente. 
Dimenticavo: per chi volesse vederle meglio, basta cliccare sulle immagini.
Il problema di questa foto erano le ombre. 
Zoomandola, peraltro, mi sono accorta che Rosalba porta la fede. Dovunque sia finito il marito umano, è chiaro che quello vero è un moretto di altra specie.
Di qui la storia.
Non aggiungo altro. E attendo.

venerdì 2 dicembre 2011

Primo bilancio in corso d'opera

Credo di essere ormai più o meno a metà del mio percorso verso la Itaca di Giovanni Marrozzini.
E' giunto il tempo, perciò, di stilare un mini-bilancio (o di tirare le somme, per restare nell'ambito delle frasi fatte):
1) ho scoperto di essere molto più capace di quanto immaginassi di fermare le persone e di convincerle a farsi fotografare;
2) "i fermani, se ti adottano, ti adottano per sempre", stando a quanto mi ha detto una fotografanda, inserita recentemente nella lista dei fotografabili; si tratta di un grandissimo volto su una complessa personalità, però assai più dolce di quanto immaginassi;
3) "l'ospedale aiuta la chiesa", ma se chiude il primo, sono "uccelli per diabetici" (o qualcosa del genere): la prima parte della frase non è mia, la seconda lo è più o meno. Il senso? Chi ha sofferto la fame, sa che cosa significa trovarsi in un guado. Poi, c'è chi se ne frega e gira lo sguardo e chi aiuta. A me è capitato di incontrare il secondo tipo di persona, semplicemente girando e parlando. Sono doni rari che ti lasciano senza parole. Se riuscissi a rendere questo insegnamento in una delle mie Minime Storie ne sarò orgogliosissima;
4) mi piace immensamente fare foto: quando scatto, non sento più niente, né fame né sete né ansia. E' bellissimo. Non so se si vede da questi scatti:

Insomma, non mi resta che andare avanti... Sentirmi dire che sono "incredibile" dal mio tutor mi ha dato (non lo nascondo) una certa energia. Speriamo di saperla mettere a frutto. Anzi, non vedo l'ora di farlo.

giovedì 1 dicembre 2011

Omaggio a Tigre

Il pretesto per fotografare Gianfranco e la sua bella famiglia (la moglie è una Regina di nome e di fatto!) è stato un gatto, oggi molto anziano.
Ai tempi del set fotografico che gli ha dedicato Mario Dondero, Tigre era un giovanotto, dal pelo lucido e lo sguardo buono. Appartiene a un suo vecchio amico, altro potenziale fotografabile, per me (ma staremo a vedere).
Ho avuto il privilegio di vedere gli scatti di Mario. Fotografare le foto è sempre un rischio, oltre che un semi-furto. Mi arrogo però il diritto di mostrarle giusto perché sono stata io a disporle in questo modo:



Nell'angolo in basso a sinistra della terza foto c'è un altro gattino di cui nel bar ignorano la provenienza. Simboleggia però molto bene il ciclo della vita.
Se Tigre non dovesse più essere tra noi - e benché abbia deciso che non finirà tra le mie Minime Storie "ufficiali" - sappia di essere stato molto amato. Anche da chi l'ha conosciuto solo in foto.

martedì 29 novembre 2011

Storie da bar: una strada forse c'è

E invece forse sono riuscita a trovare un paio di foto adatte per la mia (decima? non ricordo!) Minima Storia.
A raccontare la serata di domenica scorsa, ci ha pensato Massimo, quindi qui non mi ripeto. 
Però sento, lo sento profondamente, che bisogna darsi una mano, rilanciarsi, smuoversi vicendevolmente, per non morire.
Non sto esagerando, perché se c'è una cosa che mi fa ancora più paura della crisi, è la morte interiore.
Invece, le persone che frequentano i bar, anche le più tristi e malinconiche, vogliono vivere. 
Lo si vede negli sguardi di tutti, gestori e avventori, soprattutto quando un po' d'alcol comincia a scaldare le vene, e non solo.
In modeste quantità, il vino o quel che è fa emergere il cuore, in chi ce l'ha.
E Gianfranco, sua moglie e la loro bellissima figlia Emanuela il cuore ce l'hanno.
Per questo motivo ero dispiaciuta che il grosso delle foto fosse scuro e io il flash (intendo quel flashino inutile che mettono su tutte le fotocamera) lo odio.
Per fortuna, ho trovato una strada: vediamo che cosa ne dice il tutor.
Intanto, ai frequentatori di questo spazio (e magari anche di qualcuno del Capolinea cafè, cui sono legatissima per varie ragioni...) offro qualche scatto, compreso uno di quelli fatti, per interposto fotografo (e che fotografo: si tratta del grandissimo Mario Dondero!) a Tigre:




Arrivederci a presto, dunque. E resistiamo!

lunedì 28 novembre 2011

La via principale, di notte

Domani sera la sottoscritta va a teatro, ma già so, per esperienza diretta, che, all'uscita, non vedrò via Mazzini come l'ho fotografata ieri sera, uscendo dal bar "dietro l'angolo".
In attesa di raccontare della serata di ieri (sto riflettendo quale foto usare per la prossima Minima Storia, un compito che richiede, ormai l'ho verificato, almeno un giorno e una notte di distacco dai soggetti fotografati), vi offro una visione notturna della via in cui si trova anche il bellissimo teatro dell'Aquila:

La luce in fondo illumina, seppur debolmente, il monumento a San Savino, patrono della città. Com'è ovvio, l'ho fotografato più volte, ma proprio per questa ragione, almeno per ora, non mi ispira alcuna storia. 
Mai dire mai, però. Il bello di questo progetto è proprio nella libertà totale che mi è stata data. O che mi sono presa, chissà. Comunque vada a finire, un approdo ci sarà. Ed è una sensazione impagabile.

domenica 27 novembre 2011

Sorelle Tettamanzi

Stamattina ho fermato tre delle sorelle Tettamanzi, scoprendo così che sono in tutto sei, cinque femmine e un maschio. Perché le ho ribattezzate in questo modo? Per via di un film con Ugo Tognazzi di inizio anni Settanta, che mi pare di ricordare sia tratto da un romanzo di Piero Chiara.
Ora, se le suddette lo sapessero, probabilmente sarebbero ancora più restìe di quanto non si siano effettivamente mostrate, a farsi ritrarre. 
Da quando ho cominciato questo lavoro, ho preso a interrogarmi sui motivi più profondi della mia attrazione verso determinate persone. Come dicevo a Francesca, l'autrice della bella scultura di Vincè, non ho alcuna intenzione di prendere in giro chi, tra loro, risulta particolarmente bizzarro o marginale. Al contempo, non posso fingere che alcuni di loro mi abbiano suscitato anche un sorriso di meraviglia, questo sì.
I tipi strani mi incuriosiscono, lo ammetto, forse perché mi affascina indagare quel confine davvero fragile tra normalità e anormalità. Io stessa, del resto, potrei indurre in chi mi osserva un certo qual disorientamento. A qualcuno, cioè, potrebbe risultare poco consueto che me ne vada in giro con una macchina fotografica a ritrarre non si sa bene che cosa. Tant'è. Alla fine il rischio pazzia/stravaganza lo corriamo tutti, basta cambiare punto di vista.
A quest'ultimo proposito, anche il mio sulle "sorelle Tettamanzi" è parzialmente mutato nel momento in cui mi sono presentata sentendomi dire di rimando i loro nomi (purtroppo ne ricordo solo uno su tre, accidenti!). Hanno una voce e una storia, vera e concreta, probabilmente assai più interessante di quanto abbia immaginato con la fantasia.
Sotto sotto, spero di averle almeno un pochino persuase: speriamo... dai, sorelle T., non fatevi pregare!
In attesa di vedere come finirà, ho scattato nel bosco della Rimembranza, davvero bellissimo:



Sarebbe bellissimo fotografarle qui, anche perché non c'è mai nessuno e chissà che in questo modo non superino il loro imbarazzo. Dai, dai, dai...!

mercoledì 23 novembre 2011

Il sindaco di piazza

Se leggerà questo post, spero che mi faccia sapere le sue impressioni...
Bibi Iacopini è una persona di squisita gentilezza. Quando si perde dietro ai suoi ricordi, gli si accendono gli occhi e gli affiora un sorriso insieme aperto e malinconico.
Non si tratta, a mio avviso, solo di una sua caratteristica personale, bensì di una tonalità propria della città in cui è nato e cresciuto. Fermo, mi ha detto stamattina, è la sua "India", cioè, traduco io, il suo ventre materno e il suo orizzonte.
E Fermo "è", insieme, malinconica e sottilmente ridente, come i colori pallidi dei suoi palazzi e i visi all'apparenza schivi dei suoi abitanti, che si sciolgono, letteralmente, quando richiamano alla memoria le leggende vecchie di generazioni.
Originariamente, Bibi non era nel mio elenco dei fotografabili, benché viso e bottega artigiana - come chiama lui stesso la sua agenzia di pubblicità - mi fossero noti da tempo.
Il caso (chiamiamolo così) mi ha portato qualche giorno fa a bussargli. Intossicata da una spessa nube nicotinica, ne sono uscita carica di aneddoti zeppi di pathos immaginifico. Primo fra tutti, ho scoperto che lo chiamano "il sindaco di piazza". E' infatti merito suo e di pochi altri, pionieristici personaggi (detto in senso proprio: ossia di persone degne di attenzione) se a Fermo è nato a inizio anni Ottanta il mercatino estivo, tuttora appuntamento fisso dei giovedì di luglio e agosto per tutti gli estimatori di mobili antichi (o presunti tali), libri, fumetti, vestiti vintage e paccottiglia varia (tra gli habituè ci sono anch'io: quest'anno, poi, ho battuto tutti i record: non ho saltato neanche l'ultimo giovedì, il primo di settembre).
Quella nascita è arrivata dopo anni cruciali per la formazione del giovane Bibi, anni che ancora oggi rilucono nel suo sguardo. Sono d'accordo con lui che il primo giorno di sole (oggi sono andata a trovarlo sotto una pioggia ben più che malinconica, direi quasi ferale) lo chiamo per fotografarlo nella "sua" piazza.
Nel frattempo, eccovi qualche immagine del mercatino:



A presto, allora. E grazie.

lunedì 21 novembre 2011

Francesca e la scultura di Vincè

Grandi scoperte su Vincè de li pacchi, purtroppo troppo presto scomparso.
Con un giro degno dell'ispettore Clouseau, sono riuscita a rintracciare l'autrice della scultura che sostava in una bottega artigiana e che ho saputo appartenere a suo nonno. 
Quando gli ha chiesto di posare per lei, Francesca (così si chiama la simpatica artista) era in attesa del suo Martino, ma non ne era ancora consapevole. Per circa un mese e mezzo, Vincè, "all'incirca tutti i giorni, all'incirca alle otto", mi ha raccontato, veniva da lei e se ne restava immobile (più o meno!) a farsi tratteggiare, raccontandole anche un sacco di aneddoti (che invidia!). Poi schizzava via alla fermata della corriera per Roma, dove lo vedevo molto spesso. Tutto questo è successo solo due anni fa. Martino, il bellissimo bimbo che stamattina mi ha tenuto d'occhio per tutto il tempo della mia visita, è nato giusto lo stesso giorno di Vincè, il 12 giugno.
E poi le chiamano coincidenze.
Francesca mi ha mostrato la testa in argilla cotta (ma quando ci rivedremo mi faccio spiegare per filo e per segno come ha lavorato: m'interessa moltissimo!) soffermandosi sull'etichetta appuntata sulla camicia da due spilloni (riprodotti perfettamente, come tutto il resto dell'indimenticabile viso di Vincè), su cui c'era scritto: "Vincè, il portabagagli". 
Per poter fotografare la statua, devo aspettare che Francesca mi richiami: abbiamo entrambe bisogno del consenso scritto, lei per esibire la scultura in un evento pubblico natalizio e io per renderla "famosa" in tutta Italia...
Dimenticavo: una seconda opera, più maestosa, a lui dedicata Francesca vorrebbe realizzarla usando il mattone di Fermo, poroso e marroncino come questo che sporge dalla parete di via Mazzini:

Se tutto andrà come lei si augura, la sua nuova opera dovrebbe stazionare molto vicino alla fermata della corriera per Roma. 
Comunque vada a finire, speriamo che Vincè, dovunque si trovi adesso, sia contento che gli dedichiamo tanta (sincera) attenzione.
Io terrò le dita incrociate.

venerdì 18 novembre 2011

Notizie (non buone) sull'indiano metropolitano

Sembra che il povero indiano metropolitano (chiamato così non solo da me, ho scoperto) abbia avuto un problema di salute piuttosto serio per cui gli hanno dovuto rapare capelli e barba lunghissima.
Al di là del dispiacere (sincero, ve l'assicuro!) per la sua condizione, mi pare davvero una bella iattura per i miei obiettivi (metaforici e reali)... Speriamo di cuore che si riprenda, altrimenti vedrò di trovare un'altra via per parlarne.
E dire che è stata praticamente la prima persona che ho incontrato quando sono arrivata a Fermo nel 2005... che strana la vita. Forza, indiano metropolitano, ripigliati!
Ti dedico uno scatto, uno di quelli dell'ambientazione, a simboleggiare il tuo temporaneo stop:


Dai, a presto!

mercoledì 16 novembre 2011

Spazzino hippy: impossile non farci amicizia!

"Contaci". Ok, ci conterò, e grazie di cuore.
Non potevo saperlo, ma Luigi si sente davvero uno spirito hippy. Per la precisione, mi ha detto, vorrebbe essere un nomade. Sarà anche per questo che a più riprese cita versi di una canzone dell'omonimo gruppo italiano o pezzi ancora più belli di Lucio Battisti?
Lo ammetto: mi ha conquistata del tutto, con la sua straripante, terrosa vitalità. 
La vita all'aria aperta si vede in ogni solco del suo viso, sulle mani maschili e sulla postura. Pur essendo di bassa statura, occupa uno spazio assai più ampio con la sua incredibile personalità. 
Mai vista una persona che socialmente sarebbe ritenuta umile così capace di parlare con tutti, dal ragazzo con il cervello offeso al signore elegante che passeggia con il suo bastone.
Mi ha dato molti insegnamenti, chissà se se n'è accorto.
E oltretutto mi ha fatto tre foto bellissime!
Ci conterò, sì. E grazie di cuore/bis.
 Eccovi Luigi e una delle foto che mi ha scattato:


Incredibile, vero? 
Magari le prossime foto le faccio fare direttamente a lui!

martedì 15 novembre 2011

Essere o non essere... banali?

Dubito che la userò, ma potrei farla comunque vedere al tutor. 
Si tratta di un mio grande classico, presumo di una banalità estrema per gli scafati (mio cognato "animato" non c'entra in questo caso, benché sia un bravo fotografo).
E però qui la pubblico, non foss'altro per il rimando alla parallela pagina Facebook creata ad hoc per diffondere il mio diario di bordo.
Eccovi il duomo nel pozzo:

E adesso fuori di qui! Mi aspetta Luigi... che grande personaggio!

lunedì 14 novembre 2011

Gloria e Luigi!

Stamattina avevo l'imbarazzo della scelta.
Oltre alla bella Gloria, c'era pure LUIGI, il grandissimo spazzino hippy. Una persona così incredibile mi spinge alla confidenza immediata: troppo rischioso per un fotografo? Mi piacerebbe sapere che cosa fanno i professionisti in casi del genere. In tutti i modi, gli ho già fatto qualche scatto, ma non sono ancora soddisfatta. Anche perché, nel frattempo, è arrivata Gloria con Leonardo, il suo piccolo con gli occhi fissi su di me (giuro: mi guardava fisso).
Per rispetto (e simpatia) nei confronti di mamma e figlio, qui pubblico solo uno scatto in cui si vedono da lontano. La foto prescelta per Minime Storie sul sito del Fotoclub è, invece, un'altra. 
Come ho precisato sulla mia pagina Facebook, su questo spazio, almeno per ora, pubblicherò solo qualche scatto di contorno.
Una volta terminato il lavoro ufficiale, vedremo il da farsi. Checché (alla Totò) ne dica il mio tutor Silvano, sono appena agli inizi: altro che a metà dell'opera!
Eccovi Gloria e Leonardo, nella loro abituale passeggiata:


Ed eccovi anche Luigi con il suo pugno alzato (hasta victoria siempre, sì sì!):


... a domani per il seguito!

venerdì 11 novembre 2011

Gloria!

La ragazza con il passeggino ha detto sì! Non so perché, ma il suo sguardo perennemente nascosto dagli occhiali da sole mi incuteva timore. Stamattina me la sono trovata davanti con il suo bellissimo pargolo e finalmente, libera dai sacchi della spazzatura, al contrario di quanto mi capita quasi sempre quando la incontro, mi sono presentata e le ho spiegato che cosa voglio da lei.
Quasi tutti (ma ammetto che il mio campione è ancora troppo piccolo) si scherniscono lì per lì, ma sotto sotto si sentono lusingati alla prospettiva di fare da modelli. Oltretutto Gloria (così si chiama: fantastico nome!) HA le fattezze di una modella, con il suo abbondante metro e 75 di altezza e le labbra carnosissime.
Bene. Siamo d'accordo che la fermerò una delle prossime mattine, tanto lei, visto che è in maternità, ha detto, sale sul colle tutti i giorni e se è bel tempo si trattiene anche un po'. Sono molto curiosa di scambiarci più parole e (naturalmente) di fotografarla.
Grazie, Gloria, a prestissimo!
Eccola a voi dall'alto e da lontano: 


Affascinante, in questa luce eterea, eh? Ah, se sapesse che p(apar)azza ha incontrato!

martedì 8 novembre 2011

Grandissima Maria!

Riassumere in un post chi è Maria del duomo non è semplice né, in fondo, necessario.
A parlare, basta il suo sguardo furbetto. Mi ha mostrato i suoi vestiti, cuciti a mano. Uno rosso con i pallini neri e bianchi era davvero sciantoso. Secondo me è anche una grande attrice, capace di piangere a comando quando pensa al suo ultimo gatto, Pallina, da me fotografata (e stra-pubblicata, pure su Facebook!) tempo addietro e quando pensa al marito. Oddio, nelle foto in cui lo guarda sembra davvero corrucciata. Neanche Eleonora Duse sarebbe stata capace di un'interpretazione così autentica.
Ma chissà.
Per dovere di cronaca e per rispetto nei suoi confronti (più che altro per renderla una star mondiale a sua insaputa... ma tanto, chi lo legge sto' blog?), dovrei pubblicare l'intera galleria degli scatti che le ho dedicato.
Non lo farò. Ne scelgo tre tra quelle che non ho proposto al tutor.
A questo proposito, sono proprio curiosa di sapere quale sceglierà tra le altre tre che gli ho proposto.
Il viaggio prosegue, insomma.
Ecco a voi Maria del duomo:




"Ero bella, vero? Guarda che gambe!". Mi ha detto a più riprese.
Sì, eri bella, Maria. E lo sei ancora adesso.
Grazie di tutto.

lunedì 7 novembre 2011

La (nuova) casa di Maria del Duomo

Ebbene: sto entrando lentamente nel vivo del mio progetto.
Oggi ho pubblicato la prima foto sul portfolio ufficiale, ma ci sono problemi tecnici che non ho saputo risolvere da sola. Speriamo che i webmaster del Fotoclub mi aiutino a sciogliere la matassa informatica.
Io, nel frattempo, vado avanti.
Dopo un quasi completo giro fallimentare al duomo, chi ti incontro? Maria, da me detta "la vecchia" nell'elenco dei fotografabili, più correttamente appellata "del duomo".
Già, perché Maria vive da oltre sessant'anni in zona: suo marito è stato custode del parco della cattedrale. Maria del Girfalco, insomma, sarebbe la definizione ufficiale più corretta. 
Domani mattina vado a trovarla nella sua nuova casa. Nuova, si fa per dire, visto che ci abiterà almeno da una ventina d'anni. Non ne vedo l'ora. Per il momento, vi offro un assaggio della sua finestra:


.

giovedì 3 novembre 2011

La foto che non ho scattato (dedicato a Vincè)

Ce l'avevo in mente, ma non l'ho scritto nell'elenco dei fotografabili. Tutti i fermani sanno, sapevano fino a pochi giorni fa, chi era Vincè. Ho scoperto che lo chiamavano "Vincè de li pacchi", non "Vincè lu porta pacchi", come credevo.
Da questi piccoli dettagli mi accorgo quanto sia ancora una straniera.
Nella bottega di un piccolo artigiano scomparsa non più di un anno fa c'era il ritratto scolpito del suo viso: qualcuno ha proposto di collocarlo da qualche parte, magari proprio alla fermata della "corriera" per Roma, dove Vincè ha continuato ad aspettare gli arrivi e le partenze anche molti anni dopo essere andato in pensione. 
Sottoscrivo senz'altro l'appello: e chissà che non possa almeno fotografare la sua scultura.
Ciao, Vincè, e grazie dei "'mmò" ("amore": lo diceva a tutte le femmine, di qualsiasi età. Faceva piacere: era del tutto senza secondi fini) che mi hai dedicato. Arrivederci, da qualche parte.

domenica 30 ottobre 2011

Dalle parti dello Spoon River

Stamattina mi ha telefonato il tutor! Molto gentilmente ha raccolto la mia richiesta di aiuto dandomi ulteriori, stimolanti, dritte.
A suo giudizio, il mio lavoro fotografico in fieri (molto in fieri) si colloca dalle parti dello "Spoon River". Mi sa che ha ragione, anche se non ci avevo assolutamente pensato.
In ogni caso, mi ha dato una bella scossa, proprio quel che mi ci voleva per buttarmi sulle note (mai abbastanza) strade del centro storico.
Indubbiamente, so di avere una natura malinconica (tendente alla lagna, nei momenti peggiori) e forse si vede anche dal mio modo di fotografare.
Il tutor, però, mi ha parlato anche di "modernità" commentando la prima minima storia che gli ho inviato. Non so bene che cosa significhi, ma so che per lui la parola ha un'accezione positiva.
Quindi, vado. Salutandomi mi ha detto: "Il grosso del lavoro è già fatto".
Come no!
Userò anche questa?
Chissà. Tutor, che ne dici? Sa molto di "Spoon River", vero? ...

... A me sembra di sì!

mercoledì 26 ottobre 2011

Alla ricerca della mia poetica... sperando di averne una!

Dice il mio tutor (a proposito: ho un tutor. Si chiama Silvano Bicocchi, mi sembra un tipo molto serio. Che onore per me!) che ho "uno spiccato linguaggio letterario".
Tradotto: stai attenta a non incartarti e datti una mossa a scattare qualche foto.
Ha ragione, perfettamente ragione.
Per il momento ho fatto pochissime foto e nessuna a persone. Confesso: ho un pizzico di paura all'idea di fermare perfetti sconosciuti e convincerli a farsi fotografare (gratis: su un modulo per la privacy si parla di accordo sul compenso per ogni singolo scatto. Giovanni mi ha giustamente consigliato di eliminarlo, altrimenti c'è il caso che qualcuno mi chieda dei soldi!). La mia ritrosia, però, è accresciuta da un altro, credo fondamentale, dubbio. Il tutor parla della differenza tra fare foto in libertà e farle dopo che si è acquisito una propria poetica.
Tutor, sta proprio qui il punto: ho alcune idee sui motivi che mi spingono a scattare e sui soggetti di mio interesse. Tuttavia non basta. Non mi basta.
Non vedo l'ora di sapere che cosa pensa del mio modo di scattare. Tutor, hai in mano quindici mie foto: che ne pensi?
Aspetto dritte con ansia... non troppa! Nel frattempo, fotografo un altro pezzo di ambientazione.
Ecco a voi via Mazzini:


... E come la guardano Bice e Nino (i quadrupedi di razza felina miei coinquilini) dall'alto:


La sovraesposizione è voluta...

lunedì 24 ottobre 2011

Ma tu non ci convinci...

Fermo doveva essere bellissima. Ancora oggi risuona nei sospiri dei più anziani il sapore di un'epoca allegra e vitale. Per fortuna, c'è ancora qualcuno che ne può raccontare i fasti. E le leggende.
Fino a una ventina d'anni fa, per esempio, tutti i giorni, a mezzogiorno in punto, un ometto di estrazione proletaria, lacero quanto si conviene a un povero e pure mezzo matto, si piazzava davanti ai cancelli di Villa Vinci, un'elegante dimora presumo settecentesca di fronte ai giardini del duomo, e recitava la solita litanìa: "Vinci, Vinci, non mi convinci: tu mangi li pollastri e noi saltiamo i pasti".
In quella villa vivono ancora i discendenti di sangue blu, con custodi annessi. 
Chissà se qualcuno di loro avrà voglia di farsi foto-narrare. 
Sperando che non mi rispondano: "Ma tu non ci convinci..." urlandolo nel telefono-fiore del "viale dei tigli"...





giovedì 20 ottobre 2011

Il barista triste

Non l'avevo considerato e invece, sorprendentemente, Gianfranco il barista potrebbe essere un ottimo soggetto da fotografare. Non so bene se si sia sciolto dopo che la sua magnifica gatta (altro soggetto altamente fotografabile) mi è saltata in braccio o se sarebbe comunque accaduto perché non aveva più voglia di bere da solo.
Fatto sta che ha tirato fuori un racconto bellissimo, una minima storia perfetta di per sé.
Un tempo il suo bar era proprio in piazza. Per i locali, la piazza per antonomasia è piazza del Popolo, una delle più belle d'Italia (ve l'assicuro!). Trent'anni fa, Gianfranco era giovane e la vita del bar si protraeva ben oltre le ventuno, l'attuale orario di chiusura. Per caso, abbiamo deciso di passare di lì per un aperitivo, ai tavolini con me c'era solo il bipede che mi sopporta e un'altra strana coppia (donna molto anziana e uomo più giovane: forse mamma e figlio? Chi può dirlo).
L'attività principale, sua e degli avventori dell'epoca, era tirare fino all'alba. In ballo, una scommessa: indovinare l'esatto istante in cui sarebbe arrivata la prima cornacchia a piazzarsi sui fili della luce. In premio, l'ultimo bicchiere gratis. 
Inspiegabilmente, però,  a un certo punto le cornacchie sono state detronizzate dagli insopportabili piccioni. Avete presente "Uccelli" di Hitchcock? Ecco. I piccioni con il loro inconfondibile odioso uh-uh hanno fatto piazza pulita dei simpatici uccellacci. Con il tempo, erano diventati talmente tanti che se n'era accorto perfino il Comune. Di qui la decisione di mandarli via con le cattive. 
Gianfranco ricorda quando nel ritaglio di cielo sopra la piazza volteggiavano i falchi. Nella legge fortemente gerarchica della natura, non ci sono (non dovrebbero esserci) animali più autorevoli di loro. 
Di conseguenza, non restava che mutare la scommessa: cogliere l'esatto istante in cui il rapace si sarebbe avventato sul piccione, materializzandosi all'improvviso dall'alto.
Mica facile? Chissà quanti bicchieri saranno stati scolati alla sua salute.
Il piccione, però, è come l'edera succhia-linfa. Neanche i falchi ce l'hanno fatta. Oltretutto, affittarli era troppo costoso, ha precisato Gianfranco con un sorriso.
L'unica arma, davvero definitiva, era chiudere i buchi dell'edificio in mattoncini che oggi ospita la biblioteca.
Poi sono spariti anche i fili della luce (o prima, chissà). Fatto sta che adesso "piazza" è assai diversa dall'omologa San Marco a Venezia. I piccioni sono diventati una rarità. Mentre, sugli alberi del duomo, spesso proprio sulla punta di quelli più alti, si scorgono le eleganti, silenziose, tortore.
E Gianfranco è diventato triste. 

lunedì 17 ottobre 2011

Il progetto generale

Una mia cara amica mi ha fatto notare (indirettamente: è una vera signora, non mi avrebbe mai criticato con asprezza) che non si capisce chi sia Giovanni Marrozzini e soprattutto che cos'è Itaca.
Le ho risposto privatamente (fingendo di non notare la sua perplessità), mandandole i link al progetto generale e al blog collegato.
Sarà il caso che li riporti anche qui (cioè, l'ho appena fatto nel paragrafo precedente!).
Chi vuole sapere di più di Itaca, può leggersi la descrizione generale; chi, invece, vuole scoprire le tappe del camper ancora in viaggio da Nord a Sud per raccogliere adesioni al grande affresco di storie fotografiche nazionali, può sfogliare il blog di Giovanni, Matteo Fulimeni e Mauro Pennacchietti (che peraltro ho conosciuto al workshop di Fermo: Mauro, quando ti sei unito al gruppo? Mi sono persa qualche pezzo).
In questi giorni si è riunita la commissione che dovrebbe esaminare i nostri lavori. Confesso di sentirmi emozionata (un pochino, almeno). Forse dipenderà anche dal fatto che sono appena agli inizi. 
Bella sensazione, dà molta energia.

In basso, un'altra immagine dell'AMBIENTAZIONE, possibile: si tratta del cosiddetto (da me) viale dei Lecci. Suggestivo, non trovate?


Alla prossima!

sabato 15 ottobre 2011

Ambientazione, ambientazione!

Giustamente e appropriatamente, l'anonimo commentatore PP di un paio di post fa mi ha suggerito la parola "ambientazione" per definire i luoghi in cui, prima o poi, bloccherò i miei fotografabili (nel frattempo, ne ho individuati altri, compresi i vecchietti che stazionano sul curvone della cosiddetta Strada Nuova, tutte le sere, verso le 19.30).
Ve ne fornisco un assaggio MOLTO artigianale (forse troppo: il cognato esperto di grafica e non solo, storcerà sicuramente il naso): 
I segni rossi e gialli sono stati tracciati dalla sottoscritta (si vede, eh?), ma erano indispensabili per rendermi io stessa conto della geografia dei luoghi.
E poi le mappe turistiche mi piacciono assai (ma i due bambini stilizzati? Già, perché in quel punto del parco del Duomo ci sono i giochi, giusto!).
Oltretutto, ignoravo che la zona verde appena sotto la sommità di Fermo fosse dedicata alla rimembranza.
Che felice coincidenza. 
Se ho deciso di intraprendere questo micro-cammino, probabilmente, è merito (o colpa!) di alcune parole che mi risuonano in testa da anni, insieme ad alcuni paesaggi, stipati nel fondo della mia memoria.
Ma lasciamo andare le ragioni e le suggestioni leopardiane-abruzzesi.
La strada è lunga e abbastanza tortuosa.
Eppure mi domando: come fanno i binari a curvare così tanto?

venerdì 14 ottobre 2011

Spazzino hippy/3

Insisto con lo spazzino hippy: l'ho rivisto di nuovo, stavolta più o meno davanti ai cassonetti della raccolta differenziata. Ero andata appositamente in zona per sondarne la fotografabilità, ed eccolo lì che si avvicina con un amico. Gli stava dando consigli su come trattare una donna. "Portala in vacanza", gli diceva accorato.
"Come andiamo? Non ti avevo riconosciuta". Con la macchinetta ancora fumante, mi sono forzata alla conversazione (dovrò pure farmi vedere amichevole, se voglio convincerlo, un giorno o l'altro, a farsi ritrarre).
La vespa? In giro, finché si può. "Poi tanto ci penso io a fare due nodi stretti stretti...". Ha mimato anche l'atto di stringere fortemente il telo. E poi, meravigliosamente, ha aggiunto: "A meno che non se la porti via il vento, gonfiandosi come una mongolfiera".
Ho proprio visto la vespa rossa salutarci da lassù, volandosene via. 
Ma non sarà un poeta?
Bisognerà che mi faccia dire almeno il suo nome.
Per ora, il punto in cui l'ho incontrato, lo vedete in basso. Nel secondo scatto, i suoi attrezzi da lavoro. Gli stessi da generazioni (ma l'aspira-foglie con batteria non c'era fino a qualche anno fa. Anzi, sarà il caso che gli chieda quando l'hanno introdotto).